Comunità di Baselga (1698 - 1810)

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Preunitario

Condizione: pubblico

Sede: Baselga

La parte più antica dell'archivio della comunità di Baselga è andata dispersa e nella presente sezione si conservano solo alcune unità documentarie. Per tale motivo le informazioni significative sulla storia della comunità devono essere ricercate in altri contesti archivistici, in primis nell'archivio del principato vescovile di Trento e in quello del comune di Trento. Per contestualizzare i pochi documenti conservati, una carta di regola e tre documenti relativi a confinazioni, basti qui accennare al noto contesto istituzionale entro il quale era collocata la comunità.
A seguito della sentenza del vescovo Alessandro Masovia del 1427, che andò a ridefinire il quadro giurisdizionale della città di Trento, la comunità di Baselga, assieme ad altre 17 altre comunità, fu assoggettata alla città di Trento6. Le diciotto comunità della pretura esterna erano usualmente identificate come comunità di qua dell’Adige, e comunità di là dell’Adige, ovvero site a occidente dell'Adige, di cui anche Baselga faceva parte. Esse facevano riferimento al centro cittadino per tutti gli aspetti fiscali, economici e giudiziari, i primi assegnati alla gestione del consiglio cittadino, i secondi al podestà per la regolamentazione della giustizia in civile e in penale. Era pertanto usuale che in occasione dei prelievi fiscali anche i sindici delle comunità esterne partecipassero ai consigli generali della città per concordare le modalità e le somme dovute. E la loro partecipazione era anche richiesta in occasione della discussione delle delibere che andavano a disporre eventuali lavori da effettuare sul territorio, dalle arginazioni al fiume Adige, al fiume Avisio e al torrente Fersina, ma anche in merito alla manutenzione di strade e ponti, ai lavori di consolidamento delle mura cittadine e ad altri interventi interessanti le diverse infrastrutture cittadine.
Gli agglomerati abitativi rurali erano organizzati in regole di comunità. Il termine di regola indicava congiuntamente il territorio di insediamento (ovvero tutti i luoghi all’interno dei confini della comunità), e coloro che facevano parte della comunità a pieno titolo, ovvero i vicini (con riferimento particolare all’assemblea dei capifamiglia).
Per l'ordinaria amministrazione del territorio la comunità faceva riferimento alla propria carta di regola, documento che definiva una serie di norme per la tutela della proprietà privata e la conduzione dei beni collettivi. Inizialmente tramandate oralmente, a partire dal XII le carte di regola iniziarono ad essere stese in forma scritta. Questi strumenti statutari erano necessari per regolamentare l'organizzazione amministrativa della comunità e per tutelare i possedimenti collettivi e privati dei vicini; ad essi si ricorreva, talora, per dirimere conflitti confinari o contenziosi sorti per l’uso delle risorse, prevedendo pene per i trasgressori delle norme. Pur nei contenuti molto simili, gli statuti di ogni comunità avevano proprie peculiarità, adattandosi alle diverse esigenze e consuetudini.
La carta di regola di Baselga è nota in un esemplare datato al 1698. Redatta in volgare, e inizialmente composta da tredici capitoli, fu confermata dal principe vescovo Giovanni Michele Spaur. Nel corso degli anni, per far fronte a nuove esigenze, gli obblighi e i divieti vennero ampliati e integrati, prima nel 1717, e successivamente nel 1756.
I capitoli statutari definiscono in primo luogo le modalità di organizzazione della comunità: ai vicini spettava il compito di nominare il sindico, al quale erano assegnati compiti di amministrazione e di rappresentanza della comunità nelle contrattazioni e negli eventuali contenziosi. Alla fine del mandato il sindico doveva presentare un rendiconto della gestione economica coadiuvato da dei giurati. Insieme al sindico, i giurati giudicavano le infrazioni agli articoli della regola. Un saltaro si occupava della sorveglianza dei possessi privati e collettivi, e convocava i vicini all’adunanza della regola.
Nel primo capitolo della carta di regola si indicano le modalità di nomina del sindico. La carica durava usualmente un anno e prevedeva un avvicendamento regolamentato secondo un sistema di rotazione basato sull'ubicazione delle abitazioni dei vicini. Ai vicini era fatto l’obbligo di partecipare alla vita comunitaria, presenziando alle regole generali. Uno o più per famiglia, o fuoco, erano tenuti a prestare la propria manodopera per la manutenzione di strade e fontane, sotto il comando del sindico o del saltaro di turno. L'obbligo a partecipare all'assunzione di cariche comunitarie era sentito come gravoso, in quanto sottraeva tempo alle attività lavorative dei singoli vicini. È pertanto comprensibile che uno dei capitoli insista sulla necessità di escludere gli assenti dal godimento dei beni comuni (cap. 4).
Per una comunità montana come quella di Baselga, sita alle pendici del Monte Bondone, l’uso del bosco era fondamentale per assicurare la necessaria sussistenza. Per il solo periodo del taglio, alle singole famiglie di Baselga si assegnavano in locazione piccole porzioni di bosco (i gazi). Concluso il tempo prescritto, queste venivano restituite alla comunità per essere redistribuite l’anno successivo. L'importanza di queste risorse era tale, che ai forestieri non era consentito averne disponibilità, riservando loro il solo uso di “beni ordinari”, previo pagamento di una tassa di 10 troni (cap. 5). Anche i pascoli erano riservati ai soli vicini, negando ai forestieri la possibilità di portare i loro bestiami in qualsiasi luogo soggiacente al territorio regolanare (cap. 7). L'importanza che rivestivano le risorse naturali per una comunità pur di modeste dimensioni in termini demografici come quella di Baselga è testimoniata dalle numerose e lunghe liti per la definizione e conservazione degli spazi comunitari, contesi frequentemente con le limitrofe comunità di Vigolo Baselga, Sopramonte, Cadine, e al di là del Bondone con la comunità di Garniga. Nell'archivio sono ancora conservati alcuni documenti, pur tardi, che ne recano testimonianza.
Per quanto il territorio di Baselga fosse largamente orientato alle pratiche silvo pastorali, riservava alcune piccole quote di terreno alla coltura viticola. L’inizio della vendemmia era regolato dagli amministratori per evitare che anticipi o ritardi intaccassero la qualità del prodotto.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Cristina Paternoster