Comune di Baselga (1923 - 1928)

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Stato

Condizione: pubblico

Sede: Baselga

Con il trattato di St. Germain del 10 settembre 1919 si sanciva la sconfitta dell’Austria nella Prima Guerra Mondiale, e la conseguente annessione del Trentino al Regno d’Italia. A partire da questo momento, il Comune di Baselga ne divenne parte integrante insieme ai nuovi territori italiani. Tuttavia, in un primo momento rimase in vigore l’ordinamento austriaco.
Lo stato italiano e quello austriaco conoscevano due realtà istituzionali profondamente differenti: la prima caratterizzata da tendenze centralizzatrici, la seconda improntata ad una maggiore autonomia delle istanze locali attraverso il decentramento delle funzioni e delle competenze legislative; a questa impostazione concorreva la conformazione variegata dell’impero austriaco, costituito da minoranze etniche-culturali. Anche a causa dei ritardi nella ratifica del trattato di pace del 10 settembre 1919, risultava difficile stabilizzare la situazione politica e la promulgazione di una legge di annessione che regolasse la vita dei nuovi territori. Le istituzioni periferiche portavano avanti istanze autonomiste38 recepite nella stessa legge di annessione del 1920. Tuttavia, il mantenimento delle autonomie auspicato dalle amministrazioni comunali e provinciali non trovò riscontro. La normalizzazione sul piano politico-istituzionale fu un processo che richiese diverso tempo. Iniziò a trovare una prima attuazione nel 1921 con le consultazioni politiche, poi con le elezioni amministrative che si svolsero nel gennaio del 1922 in quei Comuni le cui circoscrizioni non fossero mutate.
Con Regio Decreto 21 gennaio 1923, n. 93 la Venezia Tridentina venne soppressa. Al suo posto fu istituita la Provincia di Trento, costituita da dieci circondari, che a loro volta inglobavano più distretti giudiziari (o mandamenti), composti dai Comuni. Baselga fu inclusa nel circondario di Trento, composto dai distretti giudiziari di Vezzano, Trento, Pergine, Lavis, Civezzano e Cembra e alcuni Comuni del distretto politico di Mezzolombardo.
Il funzionamento e l’operato delle amministrazioni provinciali e comunali veniva sottoposto al controllo di un servizio ispettivo, istituito con R.D.L. del 23 ottobre 1925, n. 2113. L’ordinamento comunale italiano venne esteso alle nuove province con il R.D. dell’11 gennaio 1923 n. 9 (che recepiva il R.D. 4 febbraio 1915, n. 148, il nuovo Testo Unico della legge comunale e provinciale). Tuttavia, i capicomune mutarono la loro denominazione in Sindaci, secondo la dicitura italiana, già a partire dal novembre del 1918.
Nell’ordinamento italiano, a differenza della tripartizione in tre classi dell’ordinamento austriaco, tutti i comuni avevano le medesime funzioni. Si sviluppava così una nuova macchina amministrativa, che doveva fare fronte a nuove esigenze e a nuovi compiti. In base al R. D. n. 9/ 1923, i Comuni trentini si dotarono degli organi amministrativi italiani: un Segretario ed un Ufficio comunale, il Sindaco, il Consiglio con potere deliberativo, e la Giunta con attribuzioni esecutive. Entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto avrebbero dovuto svolgersi le elezioni amministrative. Al Sindaco era affidato il potere esecutivo; di fronte a terzi riassumeva la funzione di rappresentanza. Quale ufficiale del governo aveva competenze sulla pubblica sicurezza e sull’igiene pubblica (art.152 R.D. n. 148/1915). Doveva pubblicare le leggi, e tenere i registri della popolazione e dello stato civile. In qualità di capo dell’amministrazione comunale aveva diversi compiti: rilasciava certificati di povertà, stati di famiglia, certificati di notorietà. Doveva convocare e presiedere il Consiglio e la Giunta; proporre le materie da trattarsi nelle adunanze di entrambi gli organi ed eseguire le deliberazioni. Almeno tre giorni prima delle adunanze, il Sindaco comunicava al Prefetto l’oggetto e il giorno della convocazione (art.151 R.D. n. 148/1915). Il numero di membri del Consiglio dipendeva dall’importanza demografica del paese e poteva variare da 15 a 80 consiglieri. Nel caso di Baselga i membri assegnati erano 15. Il Consiglio vigilava sulle istituzioni comunali, nominava i commissari per la revisione delle liste elettorali e i revisori dei conti. Si riuniva due volte l’anno, in una sessione autunnale e una primaverile, deliberava sul bilancio preventivo e sul conto consuntivo, e più in generale sull’amministrazione comunale (articoli 123-133 R.D. n. 148/1915). L’iniziativa deliberativa spettava ai consiglieri, ai presidenti, e all’autorità governativa (le cui proposte erano discusse per prime). Le sedute del Consiglio erano pubbliche, e venivano presiedute dal Sindaco o in sua assenza dall’assessore anziano (artt. 157, 282 R.D. n. 148/1915). Le deliberazioni potevano essere disposte solo se vi era l’intervento di almeno la metà dei consiglieri; nel caso questa mancasse, si passava ad una seconda convocazione, la cui legittimità dipendeva dalla presenza di almeno quattro membri (art. 127 R.D. n. 148/1915). Una copia di ciascuna deliberazione doveva essere esposta all’albo pretorio. Potevano svolgersi riunioni straordinarie per domanda di un terzo dei consiglieri, per deliberazione della Giunta municipale, o per determinazione del Sindaco. Per determinati oggetti anche il Prefetto aveva la facoltà di ordinare adunanze dei Consigli comunali.
La Giunta era eletta in seno al Consiglio a maggioranza assoluta. Ad essa spettava fissare il giorno per l'apertura delle convocazioni straordinarie e per le sessioni ordinarie del Consiglio. Tra le altre mansioni, preparava i progetti di bilancio e proponeva i regolamenti da sottoporre al Consiglio (art. 139 R. D. n. 148/1915). La legge comunale e provinciale del 1915 venne riformata con il R. D. del 30 dicembre 1923 n. 2839. Seguì l’abolizione degli organi elettivi di rappresentanza locali con la legge del 4 febbraio 1926 n. 237 che istituiva il regime podestarile, esteso a tutti i Comuni del regno con il R. D. n. 1910 del 3 settembre 1926. Con R. D. del 14 maggio 1926, nell’amministrazione comunale di Baselga venne eletto come Podestà Cesare Tabarelli del Fatis. Di nomina regia, il Podestà accorpava le competenze di Giunta, Consiglio e Sindaco. Prima di poter essere esecutive, le deliberazioni del Podestà dovevano essere soggette all'approvazione della Giunta provinciale amministrativa oppure al visto del Prefetto, a seconda che gli atti podestarili fossero pertinenti o meno all'ordinaria amministrazione, o a seconda dell'importanza demografica del Comune.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Cristina Paternoster