Comune di Gardolo (1817 maggio 10 - 1923 gennaio 12)

Tipologia: Ente

Tipologia ente: Stato

Sede: Gardolo

Nell’ottobre del 1813 le truppe austriache occuparono il Dipartimento dell’Alto Adige.
Il 10 dicembre esso venne posto sotto l’amministrazione provvisoria del commissario Anton von Roschmann.
Il 1 marzo 1814 Roschmann emanava la “Provvisoria organizzazione delle autorità politiche e lo stabilimento delle massime fondamentali per l’attuale amministrazione del Tirolo italiano ed illirico”, al cui § 5 delle “Disposizioni generali”, “Titolo primo”, veniva stabilita salvo modifiche improrogabili, la prosecuzione della precedente distrettualizzazione comunale.
Terminata la fase di transizione, il 1 gennaio 1818 entrò in vigore nel Circolo di Trento un provvisorio ordinamento comunale, in applicazione della Circolare del Capitanato di Trento del 4 novembre 1817.
Nel circolo di Trento l'ordinamento austriaco entrò in vigore dal 1° gennaio 1818, in applicazione della circolare n. 11135 del Capitanato circolare di Trento del 4 novembre 1817. A seguito di ciò la frazione di Gardolo si staccò dal comune di Meano, a cominciare dal maggio del 1817, quando venne sottoposto alla giurisdizione del Magistrato civico di Trento assieme ai restanti comuni di Montevaccino e Valcalda, Cognola, Villamontagna con Pozza, Martignano, il columello di Mezzo e i masi, Mattarello con Valsorda, Romagnano, Ravina con Pissavacca, Sardagna e Mezzolombardo. In base alla stessa disposizione i capi famiglia "godenti la pubblica confidenza ... che hanno l'estimo maggiore" furono tenuti a nominare una Rappresentanza, la quale procedette poi a nominare un Capo Comune. Con lettera del 9 maggio 1817 n. 1897, infatti, il Podestà del comune di Trento comunicava a Giovanni Battista Salvadori, già Sindaco di Gardolo nell’anno 1810, che “Gardolo è eretta in comune con propria amministrazione e l’ispezione e tutela economico politica venne affidata a questo Magistrato Civico”. Con il medesimo provvedimento veniva dato mandato al Salvadori di esercitare le funzioni di sindaco provvisorio. Il Comune dovette quindi dotarsi di un attuario, di un cassiere, incaricato dell'esazione delle rendite comunali e del pagamento delle spese. Alla Rappresentanza fu ordinato di formare immediatamente un inventario del patrimonio comunale, con particolare attenzione ai capitoli attivi e censi, ai beni stabili, ai diritti urbariali (livelli e decime) e ai beni mobili.
Con l'emanazione del “Regolamento delle Comuni e dei loro Capi nel Tirolo e nel Vorarlberg” del 26 ottobre 1819 si ribadiva il ritorno alle antiche individualità comunali vigenti fino al 1805, sciogliendo le aggregazioni introdotte sotto il Regno italico. Esso era rivolto alle “Comuni di campagna”, alle “Città minori considerate come Comuni”, alle “Città maggiori considerate come Comuni”. Tale ordinamento sancì uno stretto controllo da parte statale, riducendo le amministrazioni comunali a mere esecutrici della volontà dello stato.
Gardolo, in quanto Comune di campagna doveva eleggere: - un capocomune, con il compito di mantenere l’ordine e la polizia; - due deputati, quali suoi assistenti; - un cassiere; - un esattore steurale (o esattore comunale); - un certo numero di guardie campestri. I modi e i termini delle elezioni alle cariche comunali non erano specificati. Il regolamento comunale del 1819, uno strumento legislativo troppo sommario e superficiale, rimase in vigore per quasi trent'anni.
Più dettagliata anche in merito all’organizzazione amministrativa fu la Legge provvisoria comunale del 17 marzo 1849, n. 170, emanata a seguito delle riforme conseguenti il biennio rivoluzionario del 1848/1849. La legge distingueva tra membri comunali e stranieri e, all’interno dei primi, tra cittadini del comune e “pertinenti”. Il diritto di voto attivo e passivo, legato al censo, era inoltre riservato ai cittadini e ai “pertinenti” (ma questi ultimi solo se rivestivano uffici pubblici). Organi previsti erano:
• una Rappresentanza comunale (con membri di numero variabile a seconda della grandezza dei comuni) dotata di un vasto ambito di azione;
• una Deputazione comunale composta da: un podestà (capocomune per i centri minori), con il compito preminente di rendere esecutive le deliberazioni della Rappresentanza, e due consiglieri, sottoposti al podestà.
Con istruzioni della Luogotenenza del Tirolo e Vorarlberg del 18 febbraio 1850 vennero forniti chiarimenti per il funzionamento dei nuovi comuni. Ai comuni furono assegnate competenze proprie e competenze delegate dallo Stato. Tra le competenze proprie rientravano: l'amministrazione della sostanza comunale, le misure di polizia atte a prevenire possibili danni alla vita, alla salute, alla proprietà, alla sicurezza e al benessere deglia abitanti, quindi misure di polizia stradale (vie, ponti, piazze), sulle acque, sui campi, sui mercati (di qualità dei generi alimentari e di controllo sui prezzi), sulla pubblica costumatezza (vigilanza su feste, bettole, balli, pubblici divertimenti, giochi, postriboli, ruffianesimo e meretricio), sulle costruzioni (rilascio di permessi politici di fabbrica), sugli incendi, sulle scuole di base (istituzione, dotazione e mantenimento). Tra le competenze delegate rientravano gli obblighi di pubblicare le leggi e le ordinanze, la tenuta in evidenza della popolazione (anagrafe), di cooperazione con la Polizia dello Stato (passaporti, trasporti forzosi, stampa, sorveglianza su associazioni, riunioni e rappresentazioni teatrali, porto di armi), di cooperazione nella polizia sanitaria (sulle malattie contagiose di uomini e animali, sui cadaveri, sulle sepolture, sulle vaccinazioni), di cooperazione alle leggi sul matrimonio (pubblicazioni e impedimenti), cooperazione alla leva militare e agli inquartieramenti militari, negli affari di caccia e pesca, nell'amministrazione e tutela delle foreste, nell'applicazione dei regolamenti di industria.
Per l'espletamento di queste funzioni, come accennato, il Comune si avvaleva di una Rappresentanza e di una Deputazione comunale. L'elezione di questi organismi era riservata i membri del Comune in grado di pagare un'imposta diretta dipendente dal possesso di una casa o fondo o dall'esercizio di industria, arte o mestiere.
La Rappresentanza comunale doveva stabilire il numero ed emolumenti degli impiegati e inservienti comunali, nominare gli organi amministrativi di tutti gli stabilimenti comunali, nominare una cassiere e un individuo abile alle mansioni di cancelleria, del quale il sindaco poteva servirsi nelle attività di scrittura. Essa si riuniva almeno una volta ogni trimestre e aveva competenze sulla gestione economica (controllo del patrimonio, determinazione del conto preventivo e liquidazione del conto consuntivo), sui fondi e istituti comunali, nell'elezione e sorveglianza della Deputazione comunale, nell'assunzione a membri del Comune, nel conferimento di fondazioni, nella cura degli istituti di polizia locale, nei provvedimenti per i poveri, nel controllo della cassa comunale, nell'emanazione di regolamenti di polizia.
La Deputazione comunale si componeva del Capocomune e di due consiglieri comunali scelti tra i membri della Rappresentanza. Essa era l'organo amministrativo ed esecutivo rispetto agli affari di attribuzione propria, e aveva tutte le competenze sugli affari di attribuzione delegata. Nel suo seno era il Capocomune a dirigere e sorvegliare tutti gli affari, a sorvegliare il personale di servizio, a rappresentare il Comune all'esterno, a tenere il carteggio ufficioso, a stendere i documenti, a predisporre gli argomenti da trattare con la Rappresentanza, ad eseguire i conchiusi, ad amministrare e sorvegliare il patrimonio, ad accordare le aste volontarie e a tenere la polizia locale.
Con l’avviarsi della compagine statale verso forme assolutistiche anche lo spirito della Legge provvisoria comunale del 1849 venne svuotato, emanando una serie di ordinanze che ne contraddicevano i principi. Queste disposizioni del Ministero degli Interni, insieme al complesso delle ordinanze degli anni 1850 e 1851 e a frammenti della legge comunale del 1849 costituirono i fondamenti dell’amministrazione comunale per un intero decennio.
Legge comunale del 24 aprile 1859, n. 58 fu espressione della volontà del governo di accentrare nelle proprie mani tutta la pubblica amministrazione e non considerò più i comuni quali partner degli organi dell’amministrazione politica. Di tale legge solo le disposizioni sull’incolato furono applicate. Nel medesimo anno veniva emanata la patente di ottobre, mentre la costituzione del febbraio 1861 chiuse ufficialmente il periodo del neoassolutismo.
Al termine di tale esperienza si impose subito la necessità di rinnovare alla luce dei nuovi indirizzi liberali l’apparato statale e di conferire una diversa impronta anche all’organizzazione comunale, secondo i princìpi di autoamministrazione. Un marcato autogoverno, con aspetti sia positivi, che negativi, da allora in poi caratterizzò le amministrazioni locali in Austria.
La legge-quadro del 5 marzo 1862, n. 18, forniva solo una cornice normativa, il cui completamento era affidato poi alle leggi provinciali. Essa elencava pertanto solo “le disposizioni fondamentali per l’ordinamento degli affari comunali”. Dal punto di vista delle competenze, delle funzioni e dell’ambito di attività dei comuni non si discostava di molto dagli indirizzi impressi alla normativa del 1849. Il comune, che era il principale depositario dell’autogoverno locale, non veniva considerato come organo dello stato, ma come un soggetto a sé stante, caratterizzato da interessi specifici e dotato perciò di un raggio d’azione proprio.
Veniva pertanto ribadito quale punto fermo il conferimento ai comuni di una doppia sfera d’azione: quella naturale (tale espressione in questa legge veniva sostituita dal termine “indipendente”) e quella delegata.
Il “Regolamento comunale per la Contea principesca del Tirolo” del 9 gennaio 1866 aggiungeva poche novità rispetto all’organizzazione amministrativa dei comuni prevista dalla legge provvisoria del 1849. Emergeva la forte posizione del capocomune, dotato di molte competenze e con i consiglieri nella mera posizione di aiutanti. Rispetto alla linea del governo, prevalse il punto di vista dei conservatori tirolesi riguardo alle limitazioni nell’accettazione nel comune di nuovi membri. Al regolamento comunale del 9 gennaio 1866 era annesso il “Regolamento elettorale per i Comuni della Contea principesca del Tirolo”, tramite il quale i ceti più facoltosi mantenevano il controllo delle amministrazioni comunali.
Con il progressivamente sempre più esteso diritto di voto presso il parlamento dell’Impero, la base sociale degli elettori delle rappresentanze comunali paradossalmente rimase spesso più bassa.
Allo scoppio della guerra le amministrazioni comunali caddero sotto il controllo delle autorità politiche.
Con il trattato di St. Germain del 10 settembre 1919, a seguito della sconfitta dell’Austria nella prima guerra mondiale, il Trentino venne annesso al regno d’Italia. L’ordinamento comunale austriaco cessava con l’entrata in vigore del R.D. dell’11 gennaio 1923, che estese alle nuove province l’ordinamento comunale italiano.

Complessi archivistici

Compilatori

  • Prima redazione: Franco Cagol